L'esortazione iniziale un po' rude χρῆ ("non bisogna"), che apre il frammento è rivolta all'amico Bucchis e lo invita ad abbandonarsi al piacere del dolce liquore di Dioniso, come farmaco contro ogni male della vita e fonte di ristoro. Proprio il nostro poeta in questo componimento definisce il vino φαρμάκων δ' ἄριστον utilizzando quella stupenda voce media, come a sottolineare il carattere terapeutico della bevanda, che fa obliare ogni dolore in un'ebbrezza duratura e piacevole. Il messaggio di questi quattro versi è chiaro e perentorio e rifugge da ogni formula di circostanza. Perché poi tormentarsi nei pensieri negativi e nei travagli della vita , quando ci si può immergere nella spirale vorticosa del vino, che permette all'uomo di non darsi pensiero dei dolori di una vita breve e fugage (a questo proposito ci viene in mente Mimnermo)? Alceo così in un altro suo frammento fortunatissimo invita a bere, finché si è vivi e si ha la possibilità di godere di quel piacere (πώνωμεν, τί τὰ λύχν' ὀμμένομεν δάκτυλος ἀμέρα... Beviamo! Perché attendiamo le lucerne? Rimane soltanto un dito di giorno...).
Metro: strofe alcaica
οὐ χρῆ κάκοισι θῦμον ἐπιτρέπην,
προκόψομεν γὰρ οὐδὲν ἀσάμενοι,
ὦ Βύκχι, φαρμάκων δ' ἄριστον
οἶνον ἐνεικαμένοις μεθύσθην (Alceo Fr 91D.)
Non bisogna abbandonare l'animo alle sventure
poiché nulla gioverà l'affliggerci,
o Bucchis miglior farmaco
è farsi portare del vino e inebriarsi.
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