domenica 28 marzo 2010

Ibico Fr5P. (Text Athen 13 601b-c)

Ἦρι μὲν αἵ τε Κυδώνιαι
μηλίδες ἀρδόμεναι ῥοὰν
ἐκ ποταμῶν, ἵνα παρθένων
κῆπος ἀκήρατος, αἵ τ' οἰνανθίδες
αὐξόμεναι σκιεροῖσιν ὑφ' ἕρνεσιν
οἰναρέοις θαλέθοισιν · ἐμοὶ δ' ἔρος
οὐδεμίαν κατακητος ὥραν,
ἅθ' ὑπὸ στεροπᾶς φλέγων
Θρηίκιος βορέας,
ἀίσσων παρὰ Κύπριδος ἀζαλέιας
μανίαισιν ἐρεμνὸς
ἀθαμβὴς ἐγκρατέως
παιδόθεν φυλάσσει
ἡμετέρας φρένας.

(Metro: 1-3 ibicei 4-6 alcmanii 7 decasillabo alcaico 8 ibiceo (mediante integrazione) 9 hemiepes maschile 10-11 alcmanii 12 decasillabo alcaico 13 dimetro catalettico).


In primavera i meli
cindoni irrorati dai flutti
dei fiumi, là dove vi è il giardino
incontaminato delle Vergini crescono
i germogli sotto gli ombrosi tralci
ricchi di pampini fioriscono, per me eros...
non dorme in nessuna stagione,
ma come il Tracio Borea
bruciando allo scoppio della folgore,
avventandosi da Cipride,
con ardenti follie, oscuro implacabile,
con potenza profonda trattiene
l'anima mia.


Ibico ha posto all'inizio di verso Ἦρι, con vigorosa enfasi quasi a rappresentare il profondo contrasto tra il frugifero rigoglio della natura nel tepore primaverile e la forza inesorabile dell'amore tratteggiato con immagini forti e violente che non lasciano presagire nessun punto di contatto con la natura amena della prima metà del frammento. Spicca ai primi versi l'immagine dei meli Cindoni, alberi sacri alla dea Afrodite, il melo era simbolo dell'amore e la mela di qualunque qualità (si veda a questo proposito: Saffo 105a e fr 2 V.). La lingua è particolarmente ricca di rimandi colti ed è elaborata in ampie arcate sintattiche (quasi contrapposta alla breve intensità di Saffo, come notò H Fraenkel). Il linguaggio colto e artificioso della lirica corale in Ibico unisce a un sostrato epico pochi apporti dorici ed eolici. E' eolico il genitivo plurale ῥοὰν, definito dal Gallavotti "di partecipazione e di godimento", perché indica una fruizione parziale rispetto a un concetto totale, tale costrutto era presente anche in Omero. Compare poi l'immagine di un giardino di vergini, non si sa chi siano queste vergini (il carme non appartiene alla prima maniera stesicorea di Ibico, ma è già melica monododica), il Bowra ravvisa nell'immagine dell'uva che cresce il passaggio alla maturità delle fanciulle. Troviamo poi un'immagine analoga del giardino intatto in Euripide (Ippolito 74 -78):
σοὶ τόνδε πλεκτὸν στέφανον ἐξ ἀκηράτου
λειμῶνος, ὦ δέσποινα, κοσμήσας φέρω,
ἔνθ᾽ οὔτε ποιμὴν ἀξιοῖ φέρβειν βοτὰ
οὔτ᾽ ἦλθέ πω σίδηρος, ἀλλ᾽ ἀκήρατον
μέλισσα λειμῶν᾽ ἠρινὴ διέρχεται,
Ma anche in ambito romano Catullo 62 (39-41):
ut flos in saeptis secretus nascitur hortis,
ignotus pecori, nullo convulsus aratro,
quem mulcent aurae, firmat sol, educat imber...

Al verso settimo vi è un repentino cambio di scena, alla primavera viene contrapposta l'egemonia terrificante di Eros, che sconvolge in ogni stagione. Anche qui è presente, come in Saffo (fr 47 V.), il vento incessante come termine di paragone, non vi è più nulla della calma pace da locus amoenus dei primi versi, qui fuochi e saette, aridità e dolore, alle divine sorgenti di grazia si oppone la feroce forza di eros, che gioca con l'animo del poeta e lo tiene in catene, minandone la libertà. La luce della primavera nel suo massimo splendore lascia spazio alle tenebre portatrici di terrore di un dio, che porta sofferenze agli uomini. ὥραν è disperata antitesi all' Ἦρι iniziale, il Gentili osserva che questa notazione sul proprio destino amoroso è posta in evidenza dal poeta con "l'assonnante spezzatura ritmica del decasillabo alcaico, quasi voglia spegnere quella pausa della clausola spondaica il grido appassionato dell'attacco dattilico del verso". Lo scoppio della folgore, immagine in sé sublime, rimanda a degli echi omerici (Il IV 275-276 e XIII 795-796). Nei versi si accavallano suoni, saette, sibili di vento, echi che rimbombano e straripano. E poi un Eros che arde, che dissecca, che sfinisce, che non si spegne mai, un lampo impetuoso, capace di esercitare tutta la forza che ha in cuore, in maniera totalizzante perché è tenebroso e fosco.

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