lunedì 26 ottobre 2009

Can vei la lauzeta mover

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Can vei la lauzeta mover
de joi sas alas contra·l rai,
que s'oblida e·s laissa chazer
per la doussor c'al cor li vai,
ai! tan grans enveya m'en ve
de cui qu'eu veya jauzion!
Meravilhas ai, car desse
lo cor de dezirer no·m fon.
Ai, las! tan cuidava saber
d'amor, e tan petit en sai,
car eu d'amar no·m posc tener
celeis don ja pro non aurai.
Tout m'a mo cor, e tout m'a me,
e se mezeis e tot lo mon;
e can se·m tolc, no·m laisset re
mas dezirer e cor volon.
Anc non agui de me poder
ni no fui meus de l'or'en sai
que·m laisset en sos olhs vezer
en un miralh que mout me plai.
Miralhs, pus me mirei en te,
m'an mort li sospir de preon,
c'aissi·m perdei com perdet se
lo bels Narcisus en la fon.
De las domnas me dezesper;
ja mais en lor no·m fiarai;
c'aissi com las solh chaptener,
enaissi las deschaptenrai.
Pois vei c'una pro no m'en te
vas leis que·m destrui e'm cofon,
totas las dopt'e las mescre,
car be sai c'atretals se son.
D'aisso.s fa be femna parer
ma domna, per qu'e·lh o retrai,
car no vol so c'om deu voler,
e so c'om li deveda, fai.
Chazutz sui en mala merce,
et ai be faih co·l fols en pon;
e no sai per que m'esdeve,
mas car trop puyei contra mon.
Merces es perduda, per ver
(et eu non o saubi anc mai!),
car cilh qui plus en degr'aveI,
no·n a ges; et on la querrai?
A! can mal sembla, qui la ve,
qued aquest chaitiu deziron
que ja ses leis non aura be,
laisse morir, que no l'aon!
Pus ab midons no·m pot valer
precs ni merces ni·l dreihz qu'eu ai,
ni a leis no ven a plazer
qu'eu l'am, ja mais no·lh o dirai.
Aissi·m part de leis e·m recre;
mort m'a, e per mort li respon,
e vau m'en, pus ilh no·m rete,
chaitius, en issilh, no sai on.






Tristans, ges no·n auretz de me,
qu'eu m'en vau, chaitius, no sai on.
De chantar me gic e·m recre,
e de joi e d'amor m'escon.



Quando vedo la lodoletta battere
di gioia le sue ali contro i raggi del sole
che s'oblia e si lascia cadere
per la dolcezza che le va al cuore
ah tanto grande invidia me ne viene
di chiunque veda gioioso,
che subito ho meraviglia
e il cuore da desiderio non mi si strugge.

Ahi, me infelice tanto credevo di sapere
d'amore e tanto poco ne so.
Perché io non posso trattenermi dall'amare
colei da cui mai otterrò nessun vantaggio.
Tolto mi ha il cuore, tolto m'ha me stesso,
e a sé stessa m'ha tolto, e tutto il mondo:
e quando mi si tolse, nulla mi lasciò
tranne un desiderio e il cuore voglioso.

Mai non ebbi il dominio di me stesso
e da allora in qua non fui più mio,
da quando mi lasciò mirare i suoi occhi
in uno specchio che molto mi piace.
Specchio, dopo che mi rispecchiai in te,
mi hanno ucciso i sospiri che giungono dal profondo
che così mi persi (sott. nei tuoi occhi) come si perse
il bel Narciso nella fonte.

Non ho più speranza in nessuna donna
e mai più mi fiderò di loro
che così come sono solito elogiarle
nello stesso modo toglierò le mie lodi.
Poiché vedo che nessuna mi vine in aiuto
contro di lei che mi distrugge e mi confonde,
tutte e le temo, e allo stesso tempo, non credo più in loro
che so bene che tutte sono fatte allo stesso modo.

Si rivela una donna qualunque
la mia signora, perciò io la rimprovero
perché non vuole ciò che un uomo deve volere
e fa fa ciò che le si vieta.
Sono caduto in mala grazia
e faccio come lo stolto sul ponte*
e non so perché ciò avvenga
se non che io volli salire troppo in alto.
(*il folle che sale su un ponte senza scendere dal cavallo rischia di cadere)

Mercé è veramente caduta
ed io mai la conobbi!
Perché colei che più ne dovrebbe avere
non ne ha affatto, e dove vado a cercarla?
Ah quanto male sembra se uno la vede
in questo infelice smanioso,
che mai senza lei avrà bene
lasci morire senza aiutarlo?

Poiché presso la mia signora
non può valere né preghiera né grazia né il diritto che ho io
a lei non viene a piacere
ch'io la ami, e giammai glielo dirò.
Così mi separo da lei, e mi ricredo:
mi ha ucciso e in quanto morto non le rispondo,
me ne vado, poiché ella non mi trattiene,
infelice in esilio non so dove.

Tristano*, nulla saprete di me,
me ne vado infelice non so dove
smetto di cantare e i rinnego il mio canto
e mi nascondo dalla gioia e dall'amore.
(*QUI allude a Raimbaut d'Aurenga che in una sua canzone istruiva un parallelismo tra sé e Tristano)

La traduzione per molti pezzi è mia, per le parti di difficile interpretazione ho fatto uso di varie traduzioni e ho scelto quella, che in base a quel poco che riuscivo a capire, mi sembrava migliore.

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