venerdì 6 novembre 2009

La donna abbandonata dal mondo classico a quello romanzo I



La donna in attesa: Penelope.
La tradizione letteraria ci tramanda la figura di Penelope, come modello di perfetta moglie che riesce a resistere alla lunga lontananza del marito. Ella ha un contegno coraggioso dinnanzi ai Proci, ma si sente abbandonata, così da lasciarsi in balia della speranza e della disperazione. Essi tentano di impadronirsi della casa e sposare Penelope, a questi pretendenti, che banchettano per anni nella dimora di Odisseo, impegnato valorosamente nella guerra, si oppongono le volontà di Telemaco e della stessa Penelope. Così parla Telemaco, ignaro di rivolgersi ad Atena (Od. I 247-251):

"...τόσσοι μητέρ' ἐμὴν μνῶνται, τρύχουσι δὲ οἶκον.
ἡ δ' οὔτ' ἀρνεῖται στυγερὸν γάμον οὔτε τελευτὴν
ποιῆσαι δύναται· τοὶ δὲ φθινύθουσιν ἔδοντες
οἶκον ἐμόν· τάχα δή με διαῤῥαίσουσι καὶ αὐτόν."

Tanti aspirano alle nozze di mia madre e distruggono la casa.
Ella non nega l'odiosa proposta di matrimonio, né può trovare
una soluzione, essi intanto banchettano e mandano la casa
in rovina e sbraneranno, certo, tra poco anche me.

La situazione è difficile, Penelope non capisce la drammaticità della situazione e si trova incerta dinnanzi al dubbio di una situazione incerta, alle pressioni di uomini violenti e vogliosi. Ad essa rimane solo il ricordo del marito partito per la guerra. I Proci spodestano l'eroe Odisseo, non hanno rispetto per la sacralità della casa e trascorrono giornate oziose in banchetti. Dunque a cosa si deve dedicare la moglie durante l'assenza del marito e questo diventerà un topos della letteratura dell'abbandono, la moglie deve attendere ai lavori domestici e attendere con pazienza, piangendo nell'intimo della propria stanza. Così risponde Telemaco a Penelope. (Od. I 356-364)

"...ἀλλ' εἰς οἶκον ἰοῦσα τὰ σ' αὐτῆς ἔργα κόμιζε,
ἱστόν τ' ἠλακάτην τε, καὶ ἀμφιπόλοισι κέλευε
ἔργον ἐποίχεσθαι· μῦθος δ' ἄνδρεσσι μελήσει
πᾶσι, μάλιστα δ' ἐμοί· τοῦ γὰρ κράτος ἔστ' ἐνὶ οἴκῳ."
ἡ μὲν θαμβήσασα πάλιν οἶκόνδε βεβήκει·
παιδὸς γὰρ μῦθον πεπνυμένον ἔνθετο θυμῷ.
ἐς δ' ὑπερῷ' ἀναβᾶσα σὺν ἀμφιπόλοισι γυναιξὶ
κλαῖεν ἔπειτ' Ὀδυσῆα, φίλον πόσιν, ὄφρα οἱ ὕπνον
ἡδὺν ἐπὶ βλεφάροισι βάλε γλαυκῶπις Ἀθήνη."

"...Ma tu ora rientra nelle stanze, preoccupati dei tuoi lavori
la tela e la lana, ed esorta le ancelle
che attendano al lavoro. Tutti i pubblici discorsi appartengono agli uomini,
specialmente a me, poiché è mio il potere nella casa."
La madre stupita tornò indietro nelle stanze
e accolse nell'animo il discorso del figlio ispirato dalla saggezza,
salì di sopra accompagnata dalle ancelle,
pianse Odisseo, suo caro sposo, finché Atena
dallo sguardo fulgido, le infuse sulle palpebre un dolce sonno.

Vengono qui menzionati da Telemaco i lavori tipici delle donne, ai quali debbono attendere mentre il talamo nuziale è vuoto ἱστόν τ' ἠλακάτην, sono la tela e la lana, che si potrebbero tradurre per translato: il fuso e il telaio. Vediamo come nei testi porti alla lettura vi sia il continuo riferimento all' οἶκος, alla casa. Alla moglie spettava il mantenimento delle mura domestiche mentre il marito si allontanava da esse. Nel caso specifico dell'Odissea questi lavori domestici divengono il pretesto dell'inganno, che Penelope, donna dotata d'intelligenza, ordisce nei confronti dei proci, che invadono la sua casa e tentano di usurpare il trono del caro marito, che viene compianto privatamente. Il dolore, ma anche la speranza la portano ad attendere che egli ritorni, per poter rendergli i dovuti onori dopo il ritorno e la valorosa vincita sotto le mura di Troia. Atena in questo caso risulta essere una divinità risolutrice e rassicuratrice: aiuta Telemaco a fronteggiare i Proci e lo assicura della sorte del padre. Inoltre dona requie alla povera Penelope donandole un sonno tranquillizzante, tipica di Omero è la clausula del sonno che "cade sulle palpebre", si veda ad esempio Od. V 271-272.

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