venerdì 31 luglio 2009

Il trionfo della morte, Orazio

Questo componimento, denominato da La Penna "la regina delle Odi", segna l'ultima parte delle composizioni Oraziane, quando ormai il poeta è vecchio e stanco. Il trionfo della morte non risparmia nessuno neppure il pius Enea, con allusioni anche al pessimismo Lucreziano e in risposta all'ottimismo di Virgilio. Orazio si congeda da noi come una persona che non è riuscita a realizzare il suo ideale di autàrkeia.

Diffugere nives, redeunt iam gramina campis
arboribusque comae;
mutat terra vices et decrescentia ripas
flumina praetereunt;
Gratia cum Nymphis geminisque sororibus audet
ducere nuda choros.
Immortalia ne speres, monet annus et almum
quae rapit hora diem.
Frigora mitescunt Zephyris, ver proterit aestas
interitura, simul
pomifer autumnus fruges effuderit, et mox
bruma recurrit iners.
Damna tamen celeres reparant caelestia lunae:
nos ubi decidimus
quo pater Aeneas, quo Tullus dives et Ancus,
pulvis et umbra sumus.
Quis scit, an adiciant hodiernae crastina summae
tempora di superi?
Cuncta manus avidas fugient heredis, amico
quae dederis animo.
Cum semel occideris et de te splendida Minos
fecerit arbitria,
non, Torquate, genus, non te facundia, non te
restituet pietas:
infernis neque enim tenebris Diana pudicum
liberat Hyppolitum,
nec Lethaea valet Theseus abrumpere caro
vincula Pirithoo.


Si sono sciolte le nevi e già ritornano nei campi le erbe
e le chiome agli alberi,
la terra muta il suo aspetto e i fiumi quasi in secca
scorrono sulle rive;
Una Grazia con le Ninfe e le sorelle Gemelle osa
condurre nuda i cori.
Non sperare nelle cose immortali, ti ammonisce l'anno
e l'alma (=vivificatrice) ora che rapisce il giorno.
I freddi sono mitigati dagli Zefiri, l'estate supera la primavera
destinata a morire non appena
l'autunno portatore di frutti avrà elargito le messi,
e ritorna la bruma(=inverno, termine arcaico latinismo utilizzato dal Petrarca) inerte.
Frattanto le celeri lune riparano i danni del cielo:
noi quando discendemmo
dove c'è il pio Enea e dove ci sono il ricco Tullio e Anco,
siamo polvere ed ombra.
Chi sa se alla somma dei giorni di oggi, gli dei immortali,
vorranno aggiungere quella del domani?
Tutte le cose che avrai dato al tuo animo in vita
sfuggiranno alla mani avide dell'erede.
Una volta che sarai spirato, su di te Minosse
avrà declamato la sua splendida sentenza,
o Torquato, non il tuo nobile lignaggio, non le tue doti oratorie,
non la tua pietà, ti restituiranno la vita,
infatti né Diana libera dall'inferno il pudico Ippolito,
né Teseo riesce a infrangere i letei vincoli al caro Pritoo.



Dimenticavo il metro è la : Strofe Archilochea seconda. E' formata da un esametro ee da una tripodia dattilica catalettica in syllabam. _/ UU; _/ UU, _U/. (Sillaba ancipite accentata.)

Sono comunque presenti riferimenti alla letteratura greca, riguardo al concetto del dissolvimento del corpo dopo la morte, che ricorre spesso nei tragici: ad esempio Sofocle, Elettra 1158 "Ti rese a me, invece ella cara persona cenere e una vana ombra"
o Euripide fr 523 Nauck: " Una volta morto ogni uomo è terra e ombra". Altro riferimento alla cultura greca, ma sua piano linguistico è l'uso dell'aggettivo amico, che equivale a tuo, secondo un uso poetico greco ( specialmente omerico) del termine phílos (φίλος)

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