venerdì 10 aprile 2009

Federico Tavan



Federico Tavan nasce ad Andreis in provincia di Pordenone nel 1949, ha avuto un'esistenza difficile segnata da problemi psichici sin dalla giovane età. Egli scrive nel suo dialetto friulano, queste sono le uniche cose che sento di dire, spero che le sue poesie riescano a parlare molto di più. (le poesie sono tradotte in italiano)

Il destino di un uomo
Poteva capitare anche a te
di nascere in un pentolone
tra rospi e intrugli
di streghe senza processo
e il dolore grande di una madre.

Io mi sono trovato a passare
da quelle parti

Vorrei
vorrei così tanto
parlare
di fiori
di uccelli
e di mille colori
là dove la vita
è felice

Quattordici anni
C'era la neve.
Ridevo a voce alta.
Credevo di essere
in un latro paese.
Le stringevo la mano.
Avevo quattordici anni.
Camminavo controvento.
Devo uscire,
bisogna che esca.
Voglio giocare
voglio vivere io, voglio vivere.
A quattordici anni
si può.
O mai più.
(1963)

Mio nonno
Per lui io ero il Signore,
ero le stelle e l'acqua,
ero tutto quello che c'è al mondo.
E tutto il bene che mi ha dato
io non so dove andava a prenderlo.
Nessuna poesia, nessun paradiso
mi rende il bene di mio nonno.

Quando mi sono innamorato
Quando mi sono innamorato
il cuore batteva:
lasciati andare,
questo è l'amore.
Io ho stretto i denti,
il cuore ha taciuto.

Andreis
Quattro case in croce.
Se non fuggi in tempo,
qui diventi vecchio e muori.
Qualche prato,
due tre montagne.
Se non fuggi,
non fuggi più:
diventi Andreis.

Ricordo un giorno professoressa
Non ti ho
più rivista
professoressa.
La vita separa
riportando ognuno
al suo nascondiglio.
Ognuno ha il suo cuore
ognuno ha la sua mente,
professoressa,
e il destino ce lo meritiamo.
Terza C
vent'anni fa
dodici chilometri di corriera
tu che arrossivi
spiegando Boccaccio
le mie poesie impugnate
come rose insanguinate,
quattro anni più di me
ci si poteva anche amare
ma io quella volta volavo,
professoressa.
Tutto quello che allora ti dicevo
si è avverato
il mio lungo sogno
ha attraversato il tempo e lo spazio.
Ricordo un giorno professoressa
durante l'ora di ricreazione
m'hai chiesto a bruciapelo:
"ma allora che farai?".
Ho indicato con i miei timidi occhi
l'esatta metà del muro che ci stava davanti:
"posso arrivare soltanto fin là,
per me è come salire in cima".

Mi ricordo mamma
Mi ricordo di quando
in una stanza d'ospedale
stringevo forte
la mano di mia madre

La guardavo negli occhi gialli
che mi lasciavano per sempre

poi le ho detto
-Mamma, io e te
non possiamo altro che morire.

Federico Tavan
da " Da màrcheus a madònes".

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