giovedì 9 aprile 2009

Lucrezio, piccola introduzione


Vorrei partire con Lucrezio, uno degli autori che mi sta più a cuore.
Sono pochissime le notizie riguardo la vita di Lucrezio, San Girolamo scrisse che morì suicida a quaranta quattro anni. Visse durante gli anni burrascosi delle guerre civili, questo dettaglio è molto importante per comprendere la sua opera. Egli scrisse un poema di esametri diviso in sei libri: il De rerum natura, la natura delle cose. Lucrezio vide nelle dottrine di Epicuro una soluzione alla violenza che opprimeva il suo mondo. L'epicureismo era l'unica via che portava alla liberazione delle paure ataviche: la morte, il timore verso gli dei, l'aldilà, che portano l'uomo verso l'infelicità. Ma come si può conciliare lo studio della natura, la scienza, la conoscenza delle leggi meccaniche che soggiaciono al mondo, con l'intento di portare la felicità agli uomini, con l'etica? La conoscenza dei fenomeni fisici avrebbe potuto liberare gli uomini dai falsi timori e dalle superstizioni legate all'ignoranza. E qui bisogna puntualizzare il genere letterario del nostro poema: Lucrezio scrisse, infatti, un poema didascalico. Ecco un altro interrogativo, come si fa a diffondere una dottrina ardua come quella epicurea al popolo romano? Il trattato certamente sarebbe stato un mezzo comunicativo poco efficace. Quindi preferì fare uso della poesia, in un brano molto famoso egli, attraverso la metafora del medico, che spalma gli orli del bicchiere, dov'è contenuta una medicina amara, con del miele, esprime la sua poetica. Così la poesia serve a rendere più gradevole l'ardua dottrina epicurea, che è medicina dell'anima. Di qui il suo stile poetico perennemente elevato ed elaborato. Questo poema a mio parere sopravvisse soltanto per il suo stile. Lucrezio, infatti, sosteneva che la religione opprimeva con il suo peso la vita degli uomini turbando ogni loro gioia con la paura. Il nostro autore, man mano che spiega la natura delle cose cerca di tener desta l'attenzione del suo "discepolo", lo esorta a non perdersi e a non credere che la dottrina, che sta esponendo non è errata. Il suo argomentare è profondamente scientifico, utilizza il metodo del sillogismo a una premessa fa sempre seguire una conclusione che argomenta con un uso molto ricco di immagini. Quello dell'immagine è un tratto saliente della poesia lucreziana, la lingua latina era povera di termini tecnici, così i concetti filosofici dovevano essere trattati attraverso l'uso di immagini e metafore. Così a una retorica del mirabile, si sostituisce una retorica del necessario, che il contrario del miracoloso. Il destinatario fatto responsabile agli insegnamenti diventa responsabile della sua grandezza intellettuale. Questa è la radice del sublime, che non è solo una forma stilistica, ma anche una forma di di interpretazione e percezione del mondo. Possiamo notare come nel testo Lucreziano vi sia una carica rivoluzionaria, egli mette in discussione tutti i valori tradizionali della società romana, i fondamenti sociali culturali e religiosi, il mos maiorum. Come disse bene il latinista Concetto Marchesi: "la scienza ebbe in Lucrezio il suo unico grande poeta". Ma non fu il primo a mettere in poesia argomenti filosofici come Senofane, Empedocle e Parmenide. In particolare è interessante notare il titolo del poema di Empedocle: Περὶ Φύσεως, Perì phýseōs, attorno la natura. Oltre a questi modelli, Lucrezio riprese, dal punto di vista letterario, Omero e i tragici greci. Ad esempio, nel'elogio a Epicuro del libro primo Lucrezio ha ripreso l'Iliade ( XVII 166 ss.), la descrizione delle tranquille dimore degli dei ( De rer. III 19-22) è modellata sulla base dei versi 42 e ss. del libro VI dell'Odissea, e la narrazione dela scrificio di Ifigenia è esemplata sullo schema euripideo. Oltre a questi riprese anche Tucidide per quanto riguarda la descrizione della peste d'Atene nel libro sesto. Vi si possono scorgere anche echi dei lirici greci come saffo, oppure, per quanto riguarda la poetica Callimaco, e i richimi al locus amoenus a Teocrito. A parte questi precedenti greci importantissimo per capire lo stile arcaicizzante lucreziano è l'influsso del poeta latino Ennio. Lucrezio, per quanto riguarda le scelte lessicali, sintattiche, fonologiche e metriche ricalca molto lo stile di Ennio. Lucrezio, infatti, per perseguire il lepos, una grazia sottile nello scrivere, fa un uso massiccio di termini arcaicizzanti. Come abbiamo visto in precedenza, l'intento di Lucreio era quello di rendere sereno l'animo degli uomini liberandolo dai falsi timori provocati dall'ignoranza delle cause. Ma nel corso del poema vediamo che vi sono descrizioni fosche e pessimistiche. In un famosissimo passo del libro quinto il poeta insiste al lungo sul fatto che la natura è del tutto incurante delle esigenze degli uomini. Addiruttra il suo poema termina con la devastante descrizione delle peste di Atene. Non bisogna però credenre che Lucrezio abbia abiurato le sue tesi epicuree per rifugiarsi in un cupo pessimismo, anzi tali digressioni non certo felici fanno parte dell'economia del poema. La ratio da lui esposta è forira di serenità, che trae origine dalla comprensione razionale dei meccanismi di nascita, vita e morte della natura. Inoltre, in particolare l'episodio della peste di Atene, mette in luce le mare conseguenze dell'ignoranza, il terrore atavo della morte e l'egoismo degli uomini. Quindi tali parti del poema risulatano essere degli esempi.
Il testo del De rerum natura è quasi interamnente conservato in due codici del IX secolo detti Oblungus (O) e Quadratus (Q) conservati a Copenhagen e a Vienna. Un certo numero di codici umanistici riprende il testo tratto scoperto e lacunosamente emendato da Poggio Bracciolini nel 1418. L'editio priceps, cioè la prima edizione a stampa, fu eseguita nel 1473 da Ferrando da Brescia.

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