sabato 11 aprile 2009

Orazio Ode III 9

METRO: Strofe asclepiadea quarta.
Donec gratus eram tibi,
nec quisquam potior bracchia candidae
cervici iuvenis dabat,
Persarum vigui rege beatior.

donec non alia magis
arsisti, neque erat Lydia post Chloen,
multi Lydia nominis
Romana vigui clarior Ilia.

me nunc Thressa Chloe regit,
dulces docta modos et citharae sciens,
pro qua non metuam mori,
si parcent animae fata supersiti.

me torret face mutua
Thurini Calais filius Ornyti,
pro quo bis patiar mori,
si parcent puero fata supersiti.

quid si prisca redit Venus
diductosque iugo cogit aeneo,
si flava excutitur Chloe
reiectaeque patet ianua Lydiae?

quamquam sidere pulchrior
ille est, tu levior cortice et improbo
iracundior Hadria,
tecum vivere amem, tecum obeam libens.


Finché ti piacevo,
e nessun giovane più fortunato gettava le braccia
intorno al tuo collo candido,
vissi più felice del re dei persiani.

Finché non ardesti di più per un'altra
e non c'era Lidia dopo Cloe,
io Lidia di molta fama
brillai di più di Ilia romana.

Ora mi regge la Tracia Cloe
che sa dolci melodie e e sa suonare la cetra,
per quella temerei di morire,
se i fati la risparmieranno, lei che la mia amata.

Mi brucia di fuoco corrisposto
Clais, figlio di Ornito da Turi,
per il quale sopporterei due volte di morire
se i fati risparmieranno il ragazzo.

E se ritorna l'antico amore
i due amanti sono separati sotto il bronzeo giogo,
se la bionda Cloe è scossa via,
mi apre la porta Lidia lasciata?

Anche se quello è più bello delle stelle,
tu sei più lieve della corteccia del sughero e più violento
dell'agitato Adriatico,
con te amerei vivere, con te volentieri morirei.

Qui vediamo un Orazio abbastanza controllato, ma non meno passionale di un Catullo o di Tibullo, in lui prevale l'aspirazione per l'autàrkeia di provenienza epicurea. L'ideale da perseguire è il controllo delle passioni e non la sospensione del sentimento. Tra le passioni che compaiono con più forza nell'ode vi è la gelosia: tra le tante amanti, Lidia ha lasciato un segno molto evidente; nel nostro poeta vi è pure la rabbia che qualcuno abbia posto le braccia attorno al collo della sua amata. Ognuno tende a rimarcare, come in una sfida, le qualità del proprio amante e a sottolineare la devozione che ha per lui, ma alla fine entrambi cedono e si scambiano un proposito di fedeltà eterna. Come già Lucrezio, nel libro IV del De rerum natura, ha delineato un quadro angosciante della passione amorosa, Orazio, anche lui epicureo, sembra scoprire che la soluzione per i turbamenti legati all'amore, sia un foedus ( per riprendere un termine della poesia latina), un legame duraturo; ciò potrebbe dimostrare un legame con il mos maiorum. Riprendo due cose riguardo allo stile, e la metrica: Orazio usa il sistema asclepiadeo quarto per la sua duttilità; sono numerose le riprese verbali e le anafore.

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